Articolo di Paola Magni pubblicato il 16 gennaio 2019 su Lifegate
L’Ospedale di Pisa propone l’oncologia integrata, ovvero l’omeopatia ai pazienti in terapia oncologica, per limitare gli effetti collaterali della chemioterapia. E ha messo a punto un’anestesia che si avvale di agopuntura e omeopatia al posto degli oppiacei.
Abbiamo chiesto a due medici dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa di raccontarci qual è il contributo che l’omeopatia sta dando alla terapia oncologica e nel campo dell’anestesia integrata. Abbiamo così scoperto che tantissimi pazienti la stanno usando con beneficio, ma soprattutto che l’approccio integrato in medicina consente di dare continuità alle terapie oncologiche e ne potenzia l’efficacia perché previene gli effetti collaterali delle terapie in corso, migliorando anche la qualità della vita dei pazienti. Ecco cosa ci hanno raccontato il dottor Luigi De Simone (LDS), responsabile sezione di anestesia del Centro di coordinamento aziendale per le medicine complementari dell’Azienda ospedaliera università di Pisa e il dottor Filippo Bosco (FB), anestesista rianimatore, referente per la medicina complementare e oncologia integrata presso il Centro senologico dell’università di Pisa.
La Toscana è la prima regione ad essersi aperta alla medicina complementare, cosa propone di innovativo e diverso ai pazienti l’ospedale di Pisa rispetto ad una comune struttura oncologica?
LDS: La regione Toscana è stata una delle prime in Italia a offrire nell’ambito del sistema sanitario regionale la possibilità di accedere alle cure complementari come agopuntura, fitoterapia, omeopatia, medicina cinese. In particolare nell’ospedale di Pisa è possibile integrare i trattamenti convenzionali con farmaci omeopatici, agopuntura e fitoterapia in associazione ai trattamenti allopatici, andando così a sfruttare la sinergia tra le varie medicine. Stiamo parlando di medicina integrata, di oncologia integrata, e non di sostituire la medicina allopatica con altri tipi di medicina.
FB: Nel 2009 c’è stata l’apertura nell’ospedale di Pisa del primo ambulatorio dedicato alle donne che facevano capo a ginecologia e ostetricia e dove si faceva all’inizio solo agopuntura e in seguito omeopatia. Trattavamo soltanto i disturbi legati alla menopausa fisiologica e problematiche che riguardavano l’ostetricia con ottimi risultati. In seguito a quest’esperienza furono le stesse pazienti a chiederci se fosse possibile utilizzare l’approccio integrato che avevano visto funzionare su se stesse, anche per il trattamento delle vampate di calore provocate come effetto secondario da alcuni medicinali utilizzati nelle terapie antitumorali. Questo perché avevano qualche parente, qualche sorella, qualcuno di caro che aveva incontrato questa problematica. Questa ricerca ci stimolò e ci incoraggiò. Eravamo alla fine del 2013. A inizio 2014, sempre su invito delle pazienti, raccolto anche dalla direttrice del centro senologico di Pisa, aprimmo un ambulatorio dedicato alle donne operate al seno, dove si è iniziata a fare terapia integrata come supporto alle terapie oncologiche. L’esperienza di Pisa è la prima in Italia ad aver collocato un ambulatorio di questo tipo non all’esterno del centro senologico ma al suo interno. Questa è la vera forza: avere un servizio che si trovi nella struttura, nella stessa corsia, a venti metri dalla sala operatoria. Qui il medico di medicina complementare è riconosciutissimo e lavora a fianco degli oncologi, dei fisioterapisti, dei radiologi, partecipa su tutto, viene chiamato per consulenza su particolari problematiche.
Parlando di oncologia integrata, in cosa consiste, come funziona, quali sono i vantaggi che porta al paziente?
LDS: Nella nostra struttura gli oncologi visitano il paziente, prescrivono i protocolli terapeutici da fare e sulla base di questo propongono al paziente la possibilità di accedere anche ad un supporto con la medicina complementare integrata. Prevalentemente questo percorso viene intrapreso da giovani donne interessate da una sintomatologia legata alla menopausa precoce, ma ci sono anche pazienti che hanno già cominciato le terapie oncologiche e hanno iniziato a sviluppare una sintomatologia (prevalentemente nausea e vomito) legata al trattamento chemioterapico. Spesso si rivolgono a noi o perché hanno già provato tutto con altri medici e non sono riusciti a risolvere il loro problema, oppure perché si sentono già debilitati dall’uso dei farmaci chemioterapici e non vogliono assumere altre medicine che comportino effetti collaterali.
FB: L’efficacia delle terapie integrate è evidente, esse non escludono la terapia tradizionale ma la supportano. Parlando di medicina integrata la forza è saper scegliere quali medicine utilizzare e saperle integrare. Gli effetti collaterali all’inizio della terapia oncologica consistono in nausea, vomito, ansia. Nelle terapie ormonali è presente tachicardia. Una signora si è rivolta a noi perché aveva cambiato per ben tre volte il farmaco ormonoterapico che le dava effetti collaterali finché l’oncologo stesso le ha suggerito di venire nel nostro ambulatorio per cercare una soluzione. Dopo un’attenta analisi, abbiamo trovato un farmaco omeopatico che si adattava benissimo a quella situazione e a quella persona. Ora questa donna riesce a prendere le sue cure senza i problemi di prima, senza affanno, tachicardia e vampate di calore, questo semplicemente integrando due farmaci omeopatici. Quello che mi ha sempre affascinato è che la medicina complementare, sia essa agopuntura che omeopatia o altro, non ammette sufficienza. Va saputa fare e va scelta così come si scelgono le cure tradizionali. La medicina complementare non è la Cenerentola delle medicine, quella a cui ci si rivolge come ultima spiaggia. Deve avere il giusto spazio, la sua importanza insieme alle altre. È una risorsa che il medico deve sapere di avere a disposizione durante tutto il trattamento terapico.
Come usate l’omeopatia?
FB: L’omeopatia è una terapia d’anticipo: se sappiamo che usando determinati chemioterapici ci aspettiamo nel 90 per cento dei casi l’insorgenza di effetti collaterali, siamo obbligati a prevenire. L’obiettivo della medicina complementare non è essere l’alternativa alla medicina allopatica, sostituirla, ma è prendersi cura a 360 gradi del paziente per legarlo sempre di più alla terapia medica tradizionale. Personalmente ritengo di aver fatto goal quando non faccio interrompere le terapie oncologiche tradizionali, perché saltare una chemioterapia ha un effetto negativo. La chemio fa bene se è fatta bene: utilizzando farmaci legati a una tossicità su più livelli (globuli bianchi, piastrine) spesso durante la terapia ci sono interruzioni. Se noi ne siamo consapevoli e abbiamo gli strumenti omeopatici per andare a stimolare il midollo osseo, schermandolo dalla tossicità, abbiamo una continuità terapeutica e questo è molto positivo. Ieri una paziente, dopo aver ritirato i suoi esami dell’emocromo, mi ha detto queste testuali parole: “dottore i miei leucociti si sono alzati di brutto!”. Era felice di fare la chemioterapia il giorno successivo. Questo è importantissimo e lo dobbiamo alla medicina che io amo chiamare “delle piccole cose che fanno funzionare le grandi cose”. Avere un approccio integrato significa quindi avere una continuità nelle terapie e soprattutto aumentare l’accettazione delle terapie oncologiche da parte del paziente. In pratica la medicina complementare non è quella che toglie il paziente alle medicine tradizionali, ma anzi ne rafforza e aumenta l’efficacia, migliorando anche la qualità di vita del malato.
LDS: La scelta del medicinale omeopatico dipende molto dal soggetto, in omeopatia è fondamentale “inquadrare” il paziente per dargli una soluzione il più possibile mirata. Viene curata la persona nella sua interezza, non il singolo sintomo. Spesso capita di utilizzare un farmaco che, essendo mirato per la persona, riesce ad andare a curare anche una certa sintomatologia.
In anestesia integrata utilizzate un uso combinato di omeopatia e agopuntura. Come funziona? Che medicinali e che tecnica usate?
LDS: Mentre l’anestesia “normale” prevede l’uso dei classici farmaci abbinati ad antidolorifici od oppiacei, nel nostro caso invece di questi ultimi utilizziamo elettroagopuntura e omeopatia. Il concetto è di andare a rinforzare quella che è la produzione endogena degli oppioidi che vengono naturalmente prodotti all’interno del nostro organismo tramite medicinali omeopatici che agiscono a livello del dolore ed elettroagopuntura che deve stimolarne la produzione. Prevalentemente utilizziamo Arnica montana, poi a seconda della situazione e del paziente si sceglie il medicinale migliore. I vantaggi? Abbiamo iniziato con soggetti che soffrivano di insufficienza epatica in cui l’uso degli oppiacei poteva peggiorare la situazione di base; in altri casi è utile per i pazienti allergici agli oppiacei; il nostro caso zero è stata una paziente che li rifiutava, non ha voluto assolutamente assumerli e ci ha spronati ad utilizzare questo sistema combinato. Gli oppiacei provocano alcuni effetti collaterali, come intontimento, malessere, nausea e vomito. Utilizzando elettroagopuntura e omeopatia queste complicanze si riducono al minimo e si affrontano anche quei casi particolari in cui non è possibile assumere oppiacei. Fino ad ora abbiamo avuto il 95 per cento di soddisfazione dei casi trattati. Soprattutto nel post operatorio non c’è stata la necessità di fare trattamenti antidolorifici in aggiunta all’omeopatia e all’elettroagopuntura.
FB: Siamo riusciti a ridurre al minimo i farmaci e li abbiamo sostituiti con l’agopuntura e farmaci omeopatici per il controllo del dolore sia durante l’operazione che dopo. Il concetto di anestesia integrata nasce da un chirurgo che nella primavera del 2015 mi disse che c’era una paziente che aveva girato diversi ospedali in Italia per curare due tumori, doveva essere operata ma rifiutava gli oppiacei La incontrai e durante la visita le dissi che per me lei non era un problema ma rappresentava l’opportunità che aspettavo da 15 anni, da quando dopo essere stato in Vietnam per i miei studi di agopuntura per anestesisti, ero alla ricerca della possibilità di mettere in pratica ciò che avevo studiato. All’ospedale nazionale di agopuntura di Hanoi già abbinavano l’agopuntura agli oppiacei, ma io ho modificato questa tecnica usando soltanto agopuntura e farmaci omeopatici, eliminando del tutto gli oppiacei, sfruttando la sinergia tra queste medicine. La paziente chiese testualmente “un’anestesia senza uso di droghe” per essere subito cosciente una volta finito l’intervento. Lavorammo così: agopuntura prima di portarla in sala operatoria, integrando già dalla sera prima una serie di farmaci omeopatici, in particolare Arnica montana, Apis, Staphysagria, Bellis.Gli stessi farmaci vennero inoltre somministrati nel post operatorio per il controllo del dolore. Non usai oppiacei ma un anestetico generale, del curaro, la paziente venne intubata e attaccata al respiratore con una miscela di aria e ossigeno. Al risveglio prese subito coscienza ed entrò subito nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, chiese al chirurgo informazioni sull’operazione e a me se era stato usato qualcosa di diverso (aveva dato il consenso a farlo nel caso in cui la tecnica non avesse funzionato). Le dissi che non ce n’era stato bisogno e lei esultò. Da lì si aprì un mondo. Da allora pratichiamo l’anestesia integrata a chi la richiede e abbiamo constatato che da un punto di vista emodinamico gli interventi sono molto più stabili rispetto a quelli in cui vengono usati oppiacei. Abbiamo trattato ormai più di 70 casi e l’ultimo è una grande conquista perché riguarda una pazienta pluriallergica ai farmaci, con una sensibilità multipla spaventosa che le creava crisi asmatiche e l’aveva portata più volte in rianimazione. Un caso complicato. Per sostenere un intervento di quattro ore, abbiamo usato agopuntura sia la sera prima che due sedute la mattina, il giorno prima Arnica, Apis e altri farmaci omeopatici, dopodiché la paziente ha affrontato benissimo l’intervento, non ha avuto dolore, e soprattutto non è finita in terapia intensiva. È andata direttamente in corsia.